Adragard

1) Il nome Adragard è in circolazione da ben 22 anni, il vostro album di debutto risale nel lontanissimo 1998 con la demo “Tenebrae Factae Sunt”, poi ci fu uno stop abbastanza lungo di ben 11 anni. Cosa è successo in questo lasso di tempo? Per caso ci sono stati dei cambi di line-up?

 L.A.: Adragard è nata come one man band, quindi i primi orribili rigurgiti sono dovuti solo alla mia volontà. Dopo quel primo demo il progetto è stato sepolto sotto il peso degli eventi e dell’autodistruzione. Il primo demo fu realizzato con l’aiuto di alcune persone, un aiuto fondamentale soprattutto in fase di registrazione. Avendo interrotto i rapporti con quelle poche persone subito dopo la registrazione del demo era impossibile anche solo pensare di registrare musica, possedevo solo una vecchia chitarra e nient’altro; quindi, semplicemente lasciai dormire la creatura Adragard nel fondo della mia anima. In quegli 11 anni la mia vita è stata una specie di inferno fatto di depressione, alcool e droga, con la lama di un coltello a disegnare memorie di sangue sulla mia pelle. Decisivo è stato l’incontro con Niferon, finalmente avevo trovato un’anima tormentata devota anch’essa all’oscurità ed all’autodistruzione. È grazie a lui che Adragard è tornato in vita, come un rigurgito acido dopo aver bevuto troppo.

2) Nel 2010 uscì il primo full-length “Sadistic Delirium Manifest”. Quindi tornando in quel preciso periodo, che tipo di ricordi conservate e che tipo di soddisfazioni siete riusciti a realizzare?

L.A.: Quello, come il precedente è stato un anno di merda, eravamo in pieno post terremoto e vivevamo praticamente alla giornata. Passavamo ogni momento libero ed ogni notte a distruggerci di alcool ed altre sostanze chimiche solo per poter sopportare lo schifo e lo sfacelo nel quale eravamo costretti a vivere e per dimenticare, almeno per poco tempo, tutto quello ​che avevamo perso. Quell’album riflette perfettamente il periodo ed è una raccolta delle nostre emozioni e sentimenti, credo sia per questo che è così estremo ed orribile. Anche la registrazione fu davvero estrema, io e Niferon ci chiudemmo un paio di sere inun box auto senza nessuna finestra, posto al piano seminterrato di un condominio al tempo non abitato, per registrare la voce. Fu davvero straniante, e miserevole anche perché durante le registrazioni bevemmo e fumammo così tanto che i miei ricordi sono nebulosi e confusi. Non ho memoria di alcuna soddisfazione, solo miseria e devastazione.

3) La vostra grafica è molto elegante e devo dire che i colori da voi utilizzati come il grigio e il nero si fondono in una maniera ottimale. Questa colorazione è una scelta che frullava da molto tempo nella vostra testa oppure è stata una soluzione del tutto casuale?

L.A.: Grazie. Ho curato personalmente la grafica di tutte le uscite. La parte grafica rappresenta un aspetto molto importante per noi. Grigio e nero sono gli unici colori che ritengo adatti alla musica degli Adragard niente colori o stronzate varie. La scelta per questo album non è stata casuale. Il precedente aveva una copertina “nebbiosa”, per questo volevo un mood più buio ed oscuro che meglio si adatta al mood dell’album.

N.: Il fatto di non usare colori ma solo gradazioni di grigio è una scelta emblematica rispetto a quello che vogliamo trasmettere, ovvero emozioni avvolte nella nebbia della solitudine piuttosto che i colori di una giornata in cui brilla un sole idiota, ovviamente è una metafora; tuttavia, l’artwork è per lo più relativo a paesaggi e situazioni reali, della nostra terra o di momenti vissuti personalmente e immortalati per sempre in quelle foto. Buio, nebbia e l’affascinante crudeltà della natura.​

4) Uno degli argomenti che andate a trattare nei vostri testi è proprio il paganesimo. Questo tema proposto da voi quanto può avere delle similitudini con l’Italia?

L.A.: In origine ero totalmente addentro al paganesimo ed in particolare alla tradizione pagana italiana con una particolare attenzione alle tracce lasciate nella mia terra dai nostri antenati. Oggi mi reputo un pagano e cerco di vivere come tale, ma nei testi l’unico aspetto pagano che puoi trovare è la presenza di Lucifero con l’interpretazione precristiana), andando avanti la  sua presenza è sempre meno evidente, ma posso assicurarti che la sua luce oscura ispira ogni parola delle mie liriche.

5) La musica eseguita dagli Adragard è un connubio tra violenza decisamente diretta e momenti quasi riflessivi; queste due soluzioni della vostra musica come sono riuscite a creare una fusione unica?

L.A.: Cerchiamo di unire emozioni diverse (sempre oscure e negative) sia perché quello che volgiamo esprimere non e solo violenza, ma anche malinconia, solitudine e disperazione sia perché siamo estremamente devoti ai Black Sabbath. Inoltre, cerchiamo anche di variare la proposta musicale (senza esagerare ovviamente) e curare gli arrangiamenti per creare affreschi oscuri di gelo e miseria.

N.: Esatto, anche il bagaglio personale porta a creare il mix di cui parli, sia a livello emotivo che musicale. Il Metal classico al quale ci ispiriamo e che ha rappresentato le basi della nostra formazione stilistica prevede sia il Thrash più ignorante, aggressivo e d’impatto sia il Doom, nel suo incedere inesorabile. Queste influenze, originate da una matrice comune, hanno contaminato composizioni sì variegate ma che sono senza compromessi in termini di nichilismo. Sono scelte stilistiche che si materializzano naturalmente al momento della registrazione.

6) In “Through Funeral Shadows” compare solo una track non in inglese come ​“L’eterno Crepuscolo della Morte”. Quanto è perfetta la lingua italica proprio per l’intera traccia e per il Black Metal in generale?

 L.A.: La lingua italiana si presta perfettamente per alcune tracce, sul precedente c’era “Eremo” e su questo “L’eterno Crepuscolo della Morte”. In questi pezzi ho sentito il bisogno di esprimere i miei sentimenti e pensieri blasfemi nella mia lingua in modo da amplificarne l’orrore ed il senso di nausea. Il black metal, in generale, si presta ad essere cantato in vaie lingue, quasi sempre con buoni risultati. Per il prossimo album, probabilmente non useremo l’italiano in nessun pezzo, in generale mi trovo più a mio agio con l’inglese, l’italiano è spesso una lingua troppo morbida. Se poi penso a gruppi come gli Imago Mortis, che cantano in italiano…

N.: È stata una scelta di Lord Adragard, che da sempre cura le liriche dei pezzi e che da subito ha trovato il mio apprezzamento. Inizialmente era un presentimento, ma quando ho ascoltato con le mie orecchie il risultato finale ho capito subito che stava bene nel contesto e che era la scelta giusta. Devo dire che negli ultimi due album, in cui l’ultima traccia è in italiano, questa soluzione chiude un concept nel modo migliore, dandogli un’ultima spinta di coerenza. È anche un modo per tornare alle nostre origini culturali e di essere più espliciti con alcuni ascoltatori.

7) Se la vostra musica si trasformasse in uno spartito gestito da un folle killer che si aggira nelle tenebre eliminando le proprie vittime, chi sarebbe questo squilibrato omicida così mentalmente instabile?

 N.: Non ci importerebbe più di tanto, non è nostra intenzione divulgare messaggi di alcun tipo se non la nostra personale visione delle cose, lasciando all’ascoltatore elaborare e vivere a modo suo il terribile viaggio emotivo in questa valle di tormento. Il tizio di cui parli al massimo potrebbe suicidarsi, per quanto mi ​riguarda, o prendere una strada di isolamento e abusi. Sarebbe, quindi, un qualsiasi essere umano che è scomparso nella nebbia del tempo, nell’anonimato o nel fallimento, e di cui non frega un cazzo a nessuno. Un fantasma.

8) Un giorno, nella vostra musica potrà esserci la comparsa di un pianoforte che fa da contorno per far sì che risulti sempre più psicologicamente instabile?

L.A.: No, è escluso e comunque non in maniera massiva. Mi piacerebbe comporre una traccia musicale viscida e lenta nella quale inserire un violino ed un sassofono, ma nessuno sano di mente vorrebbe mai registrarli per un progetto così orribile come gli Adragard e nessuno di noi sa suonarli.

N.: In passato abbiamo adottato qualche soluzione coi sintetizzatori ma, non avendo a disposizione un musicista in grado di suonare il piano e di sposare il progetto, questa che prospetti è una possibilità alquanto remota. Non ci precludiamo scelte stilistiche, semplicemente ci viene naturale regredire verso un minimalismo sonoro darkthroniano.Meno roba c’è, meglio è. Nessuna preclusione quindi, ma consapevolezza verso le scelte fattibili sì. Soltanto il tempo lo dirà…

9) Nelle prime produzioni non compariva un batterista in carne ed ossa bensì una drum machine, però questa scelta cambiò in “From the Burning Mist” (2018). Quanto si guadagna in calore nelle composizioni con una persona in carne e ossa dietro il drum kit?

L.A.: Church Destroyer è un fratello e ci aiuterà finché ne avrà voglia. Il suo apporto ai brani è fondamentale non solo per il generico fatto che sia un essere umano, ma perché il suo bagaglio musicale ed il suo modo di suonare non solo si integrano perfettamente con i nostri riff, ma li amplificano trasformandoli in un maelstrom di fuoco ed urina rancida orribilmente perfetto.​

N.: Sì esatto, è il modo migliore per suonare la batteria sui nostri brani attuali… come una tempesta di neve che cade incessante e ovattata.

10) Quanto è stata brava la polacca Perkun Records ad infettare varie nazioni con la distribuzione di “Through Funeral Shadows”? La vostra collaborazione continuerà ancora in futuro oppure le vostre strade si divideranno?

L.A.: La Perkun Records è stata l’unica etichetta interessata a stampare la nostra merda, il tutto senza farci tirar fuori un soldo, e per questo merita il nostro massimo onore e la nostra eterna riconoscenza. A livello di distribuzione si muove in maniera estremamente underground, la promozione è pari a zero e da quel punto di vista ci siamo dovuti attivare di persona, ma questo in fondo è lo spirito underground e ci va più che bene.Per il futuro non so bene cosa succederà, tutto dipenderà dalla Perkun Records. Al momento non ci sono altre etichette interessate a noi. Noi siamo gli scarti, i rifiuti tossici, una piaga alla quale nessuno vuole avvicinarsi.

N.: Il rapporto con l’unico, misterioso personaggio che si cela dietro la Perkun Records è totalmente underground, genuino e come deve essere, due entità, Adragard e Perkun, che si stimano e collaborano per un semplice fine espressivo. Abbiamo gli stessivalori e siamo contenti che molti apprezzino la nostra coerenza. Non ci serve un contratto, non abbiamo mai pagato per promuovere la nostra musica perché quello che paga è la coerenza al Nero Verbo. Parlo di rispetto reciproco, quindi non possiamo dirti quello che succederà. Per il momento questa è la soluzione discografica migliore per noi. Visitate il sito web di Perkun, ascoltate Adragard e spargete la piaga!

Il Cattivo Maestro

Contatti:

Youtube