1) Salve Tryfar, prima cosa volevo complimentarmi per la tua opera d’arte e mi riferisco al bellissimo full dal nome “Amusia”. Lo definisco come un quadro di Claude Monet e allo stesso tempo una pellicola folle del grande Federico Fellini inserito nel contesto Arte/Musica/Visiva. Quanto tempo ci è voluto per trasformare una forma d’arte oscura ed elegante su un formato come il cd, e quanto è stato tremendamente sfibrante per poi esclamare a lavoro concluso la seguente frase: questo è il risultato che volevo?
Beh, davvero grazie! Asofy non è mai stato un progetto molto seguito e non capita spesso di raccogliere pareri positivi. Credo di averci dedicato in totale un po più di un paio d’anni, quasi tre, tra le riflessioni sul concept e il processo effettivo di creazione, registrazione e realizzazione finale. Facendo tutto per conto mio ovviamente i tempi si allungano, ma non riesco a fare diversamente, mi trovo bene così, salvo ogni tanto collaborare con qualche amico per qualche rifinitura. Per me l’aspetto visivo e concettuale è fondamentale, procedo più per associazione di immagini e pensieri che di sola composizione. Sfibrante non direi, il processo creativo credo sia una delle poche vere soddisfazioni umane, certo può diventare complicato, ci si imbatte in situazioni in cui si devono imparare cose nuove o in cui ci si rende conto di non essere completamente all’altezza (molti non se ne rendono conto, intendo chi non è un appassionato di musica, chi crede che suonare sia solo un’attività di svago, ma suonare e registrare è un’attività complessa anche ai livelli più amatoriali), in cui si dovranno risolvere svariati problemi sia tecnici che creativi; ma questo alla fine è il bello, quando poi si avrà il lavoro concluso sarà in parte una sorpresa e uno stupore o almeno così mi capita. Il risultato per quanto mi riguarda non sarà mai esattamente quello che miravo, si cerca sempre di fare il possibile che questo avvenga ma è bello in una buona parte rimanere stupiti di certe pieghe che prenderà il tutto, insomma per me è un una piccola (o grande?) avventura emozionale.
2) E proprio sul formato cd, secondo te, questo capolavoro artistico se fosse uscito su vinile, non avrebbe preso lo stato di culto/collezione… forse avrebbe reso il tutto un qualcosa di intimo e allo stesso tempo anche seducente, sbaglio? Il formato vinile non nego che abbia un gran fascino, è un’oggetto “vetusto” che è tornato ad essere ampiamente utilizzato, e funziona.
Ma il supporto non può essere scambiato col contenuto che è il valore primario e che deve sempre rimanere al centro dell’attenzione. Il vinile ha un costo di produzione piuttosto elevato, le etichette a volte non se la sentono di investire sostanziosamente in una cosa che se poi non verrà venduta creerà non pochi problemi. Ci vorrebbe anche un mix e/o un master dedicato al formato vinile, mi sono capitati vinili (anche di gruppi importanti) con una resa discutibile, lo stesso master di Amusia temo che riversato direttamente su vinile non risulterebbe benissimo. Per me il CD rimane un formato superiore (per dinamica, per quantità di informazioni sonore anche non udibili che può contenere), e onestamente lo preferisco proprio come edizione (spesso ci sono semplici CD jewelcase con un bel libretto che rispetto ai vinili basilari sono davvero più appetibili), a me dispiacerebbe molto se venisse completamente messo da parte (e un po sta già succedendo), è un po come tornare ad utilizzare i treni a carbone/vapore -belli, certamente!- e accantonare quelli elettrici. Detto tutto ciò però si, piacerebbe anche a me vedere come Asofy potrebbe risultare (anche solo per l’aspetto visivo) su vinile, e spero che in futuro si possa fare.
3) Il nome del tuo progetto, ho fatto delle ricerche ma non sono riuscito a trovare un significato ben preciso… mi sorge in maniera spontanea chiederti cosa si cela dietro al moniker Asofy, e in quale momento della tua vita hai scelto questa parola?
Il nome Asofy è stato scelto nel 2000 o forse anche nel 1999 non mi ricordo esattamente, un periodo in cui sentivo che la mia visione della realtà era davvero diversa da quella che percepivano gli altri. Non che oggi sia cambiato molto, le cose mutano un po in meglio ma anche in peggio (che è quello che tendo a notare di più), in qualche modo ad un certo punto si impara, si deve, convivere con la realtà condivisa dagli altri. Si tratta di un acronimo ed il suo significato effettivamente l’ho mantenuto sempre nascosto. Un’interpretazione che però mi è sempre piaciuta e trovo davvero calzante è quella di a-sofia, ovvero mancanza di sapienza/conoscenza (anche emotiva, morale), che mi pare una descrizione interessante per descrivere ciò che spesso si rivela nella società contemporanea e che è il tema lirico concettuale che affronto quasi sempre. Tornando all’acronimo, il significato misterioso è “Another Side OF You”, e lo trovo imperfetto perché formato da parole inglesi (cosa che ora non farei) ma ancora oggi calzante perché riferito sia al processo creativo in se che porta a svelare più profondamente i propri pensieri, sia al lato nascosto (taciuto) della società e delle relazioni.
4) Ora entriamo nell’emisfero delle lyrics, noto subito che la scelta linguistica è quella della lingua madre. Perché l’italiano e non l’inglese oppure delle lingue come il latino? Tale scelta è scaturita per senso di appartenenza, oppure per questioni di espressione linguistica con la musica da te proposta? Spiega in maniera molto dettagliata quale argomento è stato trattato sui testi per chi non dispone del tuo lavoro tra le mani.
Si, l’italiano… è una cosa che ho scelto sin dal principio perché trovo l’inglese una lingua troppo sfruttata, globale, se parlo della realtà che mi vedo attorno non è con l’inglese che poi ci rimugino su; l’inglese non lo trovo adatto ad ogni contesto, se mi devo esprimere in modo poetico preferisco farlo nella mia lingua. Il latino bisogna conoscerlo e comunque lo userei solo per concept storici adeguati, altrimenti lo trovo davvero fuori luogo. Per esempio, a volte ho addirittura pensato di usare il dialetto milanese (per il precedente “Nessun luogo”) ma la cosa dopo varie riflessioni e qualche esperimento mi è parsa davvero ridicola, anacronistica e grottesca. Dopotutto l’italiano è la mia lingua e già mi pare di non conoscerla completamente, poi son sempre stato affascinato dai gruppi che cantano nel loro idioma, li trovo tutti molto più peculiari e aderenti alle tematiche da loro trattate, l’inglese in se non è una brutta lingua, ma non va usata per forza solo per farsi capire da più persone, secondo me la scena metal (in tutto il suo grande corpo) è bella proprio perché puoi trovare tantissima varietà, tanti gruppi che cantano in linguaggi particolari, ed è bello anche solo sentire il suono di certe lingue senza capirne il significato e spero che all’estero apprezzino nello stesso modo l’italiano. I testi: L’amusia è una mancanza sensoriale, in ambito medico o psicologico è la difficoltà o addirittura impossibilità di sentire correttamente la musica. Mi sono ispirato alla lettura di “Musicofilia” di Oliver Sacks in cui si raccontano diverse di queste difficoltà ma subito per me è stato naturale ampliare il concetto ad una questione sociale, e quindi alla perdita emozionale nella società attuale che mi pare si stia verificando sempre più ampiamente. I testi percorrono quindi una sorta di strada attraverso varie mancanze e devianze sociali percettive (nel libretto ho cercato di dare una chiave di lettura ad ogni pezzo evitando però di suggerire troppo); si parte con Agnosia che è relativa addirittura ad una difficoltà di discernimento primario degli oggetti sia visivi ma anche sonori, in filosofia l’agnosia è uno stato di cosciente ignoranza (molto rivelatore nella società attuale); questo è anche l’unico pezzo con una lirica completamente mia. Palinodia è un pezzo interlocutorio un momento di transizione che idealmente apre, introduce e condensa (nel senso che è una sintesi dell’intero significato del disco) le successive variazioni percettive, qui il testo è tratto da à rebours di Huysmans come per molti pezzi successivi. Amusia è il pezzo che dal titolo all’album e di cui sostanzialmente ho già detto, il testo è un mix di parti mie e di stralci di Huysmans, London e altri. In Residuo ho cercato di realizzare sonoramente quello che succede ad una persona che può avere questi disturbi (secondo me è il “disturbo” più diffuso dopo l’amusia ma è più una condizione nostalgica meditativa che considero positiva) ovvero l’insorgenza di ricordi musicali precisi e persistenti che si mischiano o emergono durante i momenti emotivi più disparati. Con Alterazione mi addentro proprio in una ricerca di similitudini tra la situazione sonora (l’alterazione dei rapporti tonali) e quella sociale (l’alterazione dei rapporti sociali) che trovo quantomai attuale. Distonia è idealmente il racconto di un incontro reale con una persona, un rapporto sociale inconsueto ai margini della solita folla priva di empatia. Allucinazione è un altro di questo stati particolari, probabilmente il più conosciuto dato che è un termine usato spesso in diversi contesti, qui però mi riferisco sempre ad un ambito sia sonoro che sociale, un credere di sentire/vedere delle cose che in realtà son ben diverse, o che ci si ostina a credere/vedere anche se è chiaro che le cose non sono affatto così. Ricordo invece è ovviamente la chiusura e un po la speranza che le cose, gli squilibri, le privazioni emozionali, possano cambiare, ritornare importanti ma è una speranza grigia, disattesa. Per quasi tutti i testi ho usato estratti di à rebours di Huysmans perchè un po per caso durante la lettura mi sono accorto
della loro profonda aderenza all’idea che stavo sviluppando e per di più con una sonorità eccezionale e veramente sensoriale che non avrei saputo eguagliare.
5) Nel booklet si trovano varie immagini, in quale modo sono state selezionate per poi riversarle all’interno del libretto? E anche qui ti chiedo una spiegazione molto approfondita.
Il tutto è stato pensato più per suggerire o suggestionare che per spiegare, il fine non è didascalico; i vetri rotti per me significano una realtà infranta, in copertina sono in concomitanza con l’orecchio di chi non vuol sentire o sente solo quello che già crede, sul retro invece simboleggiano una difficoltà nel comunicare (si intravede una persona che cerca di dire qualcosa nell’orecchio di un’altra figura). L’acqua che esce dalle bocche che si incontrano nel libretto sono anche qui dei riferimenti ad un disturbo verbale, comunicativo, troppa o nessuna informazione; le ombre che ogni tanto si vedono tra le pagine sono la nostra società che arranca, che non si vuol più fermare a riflettere, sono i personaggi che non sentono, non guardano, non pensano; i buchi nella carta strappata sono un alto escamotage per suggerire di guardare oltre l’apparenza, sotto una pagina, oltre la normale apparenza, potrebbe nascondersi qualche altra informazione interessante, rivelatoria.
6) Ascoltando varie volte con molta attenzione il bellissimo “Amusia”, rimango ammaliato e ipnotizzato dalla tua ugola… riesce a farmi scorrere un brivido dietro la schiena, sensazione quasi mai provata. Com’è stata creata questa enfasi malata tramite le tue corde vocali con varie tonalità? Quanto tempo hai dedicato alla voce per rendere il tutto come se fosse un viaggio verso l’ignoto, tra disperazione e una realtà distorta e progressivamente irreale?
Sei tra i pochi che hanno apprezzano la voce, spesso invece risulta spiacevole. Ma a me così pare funzionare bene e anche se delle volte provo a non usarla o a farla diversamente poi alla fine ritorno sempre li, a questo mix di leggermente urlato strozzato e sussurrato; su Palinodia, Amusia e Residuo alcune parti “recitate” sono di Davide Skerl a cui ho chiesto di provare dato che il mio risultato non mi convinceva e mi pare che anche queste siano venute fuori bene, naturali e istintive, non troppo ragionate o impostate. Provo sempre a migliorarla e a stratificarla e questo disco è probabilmente quello in cui ho fatto più esperimenti e sovrapposizioni (è il mio album in cui sicuramente c’è più voce), ci sono anche piccoli momenti in cui uso delle voci diverse per sottolineare alcuni passaggi, proprio perché il tema lo richiedeva, è stata anche la volta in cui ho avuto più difficoltà ed ho cambiato più volte l’approccio ma alla fine il tutto mi pare venuto vicino a ciò che avevo in mente. A questo tipo di voce ci sono arrivato tanti anni fa, il mio intento era sempre quello di evitare di essere sempre tutti uguali, sia musicalmente che vocalmente, trovo essenziale provare a fare qualcosa di diverso. L’idea era quella di uno scream meno esagerato e più intimo, non completamente urlato, un po’ sussurrato. Mi piacciono molto i contrasti e quindi anche l’uso di voci non convenzionali su basi sonore tranquille o viceversa; trovo che a volte molte band abbiano un approccio vocale molto standard, privo di qualsiasi tipo di ispirazione (a volte c’è un uso gutturale tipo brutal o death davvero all’opposto dell’espressività che trovo sempre orrendo) o volontà di lavorare a qualcosa di realmente particolare. Trovo che tra le migliori voci “sporche” in ambito metal ci siano gli Ondskapt di Draco sit mihi dux, i Dolorian (gruppo sotto valutatissimo che ritengo invece seminale), i Bergraven, i Gris.
7) Sempre durante l’ascolto mi sono soffermato moltissimo su due track, “Residuo” e “Allucinazione” come le descriveresti usando delle parole astratte?
Mmm… esercizio strano… Residuo è forse l’esperimento più particolare e preciso (per la sua finalità) all’interno di Amusia, c’è un ricordo soggiacente di un vecchio tema per piano che cerca di emergere e sostiene tutto l’impianto tonale che un po’ diventa disturbo e un po’ conseguenza. È davvero difficile usare parole astratte, la musica è astratta e per descriverla solitamente la si traduce in qualcosa di tangibile, figurativo, qui invece tentiamo una trasposizione speculare! Residuo direi tanti cerchi concentrici ognuno circoscritto da un quadrato, se vogliamo figurare un po’ la cosa mi pare un flusso liquido denso in cui cadono tante gocce; Allucinazione invece una serie di triangoli irregolari e linee spezzate di differenti spessori e lunghezze, e qui per figurare la cosa direi invece una superficie ruvida, irregolare scavata rotta frammentata.
8) Tryfar, in redazione hai inviato oltre alla copia di “Amusia” anche tre cartoncini su cui vi sono dei disegni. Dimmi di più, cosa vogliono rispecchiare e che tipo di significato hanno? Possono essere collegati con l’uscita del disco? Se non ho capito male, sei anche il grafico di Avantgarde? Con questa collaborazione della label di Roberto Mammarella il tuo compito per la precisione qual è?
I tre cartoncini volevano essere solo un qualcosa in più, sono delle vecchie stampe che nel 2007 inserivo nelle copie di information/noise, che in modo meno ragionato anticipavano alcune tematiche di Amusia: la troppa informazione è rumore, e alla fine (e attualmente ce ne rendiamo ben conto) porta ad un’annullamento…Con Avantgarde mi occupo soprattutto della quasi totale preparazione alla stampa delle varie release, spesso del layout quando i gruppi ci mandano materiale completo ma non organizzato, oppure a volte anche degli artwork completi (ad esempio i Sur Austru, gli Hornwood Fell che sono degli amici, i Phobonoid, gli Ashbringer i Manii e altri) se alcuni gruppi ne hanno bisogno. Queste cose ovviamente le faccio a volte anche per band non legate ad Avantgarde che richiedono la mia assistenza.
9) Quali libri, film ti sentiresti di consigliare, sempre il tutto collegato alla tua vena artistica come musicista?
Sono un appassionato di cinema e di letteratura quindi mi fa solo piacere citare qualche titolo che apprezzo, cerco di indicare cose che in qualche modo credo abbiano influenzato Asofy. Libri:Ricordo nuovamente “Musicofilia” di Oliver Sacks che è un libro davvero interessante, soprattutto per chi fa e sente musica; “Le invenzioni della notte” di Thomas Glavinic un libro davvero doom e scuro sulla solitudine e la fine della società; “Epepe” di Ferenc Karinthy, surreale, sul linguaggio e la comunicazione, “Cecità” di Saramago, un libro molto duro su una società trasformata da un evento simbolico e che perde completamente la sensibilità, non solo visiva. Film:“I figli degli uomini” di Cuaròn, attualissimo, sulla sovrappopolazione, sulla migrazione, sulla società.“One hour photo” di Romanek, anche qui sulla solitudine e le relazioni con gli altri, “Brazil” di Gilliam, surreale, orwelliano, anche qui una società deviata da cui è difficilissimo scappare. Grazie ancora per l’interesse in Asofy e per le
Il Cattivo Maestro
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